Un semplice cinguettio può essere fragoroso come un
boato, anche nelle sue conseguenze.
Lo sa bene Voula Papachristou, atleta greca
che è stata espulsa dai Giochi Olimpici di Londra 2012 a causa di un tweet a
sfondo razzista. «Con
tanti africani in Grecia, le zanzare che arrivano dal Nilo occidentale – ha scritto la triplista ellenica sulla propria pagina Twitter - almeno
riceveranno il cibo da casa».
Il tweet razzista della Papachristou |
La
Federazione Olimpica greca ha sempre incoraggiato i propri atleti all’utilizzo
dei social networks per esprimere sensazioni ed emozioni relative alle gare, e
creare quindi quel rapporto di complicità tra sportivo e fan che solo i social
media possono garantire. Ma come ha sottolineato Isidoros Kouvelos, capo della delegazione ellenica a Londra 2012 la
Papachristou si è spinta molto oltre. «Considerazioni di questo tipo non sono
tollerate».
Il
Comitato Olimpico, in accordo con la Federazione Greca, ha deciso di espellere
l’atleta dai London 2012: un fatto che non ha precedenti nella storia dei
Giochi. Ciò ovviamente perchè solo quattro anni fa i social media non avevano la popolarità e il numero di utenti che hanno oggi, ma il caso dell'atleta ellenica fornisce uno spunto di riflessione importante: gli atleti sono sotto gli occhi di tutti e pertanto il Comitato Olimpico dovrebbe provvedere a creare una social media policy per impedire che situazioni del genere avvengano anche in futuro.
La
Papachristou è quindi la prima vittima delle regole sull’uso dei social
networks imposte dal Comitato Olimpico. A nulla sono valse le scuse dell’atleta
ellenica, su Facebook e su Twitter, per la battuta «sgradevole e di cattivo
gusto». L’atleta ha provato a fare retrofront cancellando il tweet "incriminato" e spiegando che i suoi ideali non sono in
contrasto con lo spirito olimpico e che non è a favore della discriminazione
tra gli esseri umani. «Vorrei chiedere scusa a tutti i miei amici, ai miei
colleghi atleti, che potrei aver insultato o imbarazzato, alla squadra
nazionale e alle persone e alle aziende che sostengano la mia carriera
atletica. Per finire, vorrei chiedere scusa anche al mio allenatore e alla mia
famiglia». Ma ormai era già troppo tardi: la tweettata...pardon...la frittata era fatta.